Il Governo di Giorgia Meloni sembra sempre più deciso ad estendere a tutti Quota 41 ma con importanti modifiche della misura. Modifiche che potrebbero non andare a vantaggio dei contribuenti.
Se ne parla da anni e da anni la Lega di Matteo Salvini spinge per l’estensione di Quota 41 a tutte le categorie di lavoratori. Obiettivo che, fino ad oggi, non è stato possibile raggiungere in quanto avrebbe comportato troppe uscite anticipate di massa dal mondo del lavoro.
Quota 41 è una misura piuttosto vantaggiosa che si rivolge ai lavoratori precoci, cioè coloro che hanno versato almeno un anno di contributi – effettivi e non figurativi – prima ancora di aver compiuto 19 anni. Tuttavia non basta soddisfare questo requisito. Per poter fruire di questa misura di pensione anticipata occorre anche appartenere a categorie specifiche.
Il piano del Governo, per il 2026, è di sostituire Quota 103 con Quota 41 e fin qui tutto bene, anzi benissimo potremmo dire. Quota 103, negli ultimi anni, è diventata davvero poco conveniente soprattutto a causa del ricalcolo interamente contributivo dell’assegno che può comportare perdite anche del 30%. Il problema è che, per poter compiere questo passo azzardato, occorre stravolgere i connotati alla misura. In pratica per estenderla a tutti si passerebbe da Quota 41 a Quota 41 flessibile.
Dal 2026 Quota 41 potrebbe essere estesa a tutte le categorie lavorative ma in forma flessibile: un po’ diversa rispetto alla misura come la conosciamo ora. Vediamo, nei dettagli, che cosa cambierà.
Da anni sentiamo parlare della possibilità di estendere a tutti Quota 41. Questa misura, infatti, ha il vantaggio di non prevedere alcun requisito anagrafico: una persona può accedere alla pensione a qualunque età una volta raggiunti i 41 anni di contribuzione di cui almeno 1 versato prima di aver compiuto 19 anni. Inoltre non vi è alcuna penalizzazione: nessun ricalcolo contributivo dell’assegno come, invece, prevede Quota 103. Al momento Quota 41 si rivolge solo alle seguenti categorie:
Dal 2026 potrebbe nascere Quota 41 flessibile: misura che si rivolgerebbe a tutti ma con importanti cambiamenti. In primo luogo verrebbe introdotto il requisito anagrafico: non basteranno più 41 anni di contributi ma occorrerà avere anche almeno 62 anni di età.
In secondo luogo che sceglierà di beneficiare di questa misura dovrà accettare un taglio dell’assegno del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età pensionabile, cioè rispetto a 67 anni. Pertanto andando in pensione a 62 anni una persona si troverebbe con un assegno previdenziale decurtato del 10% pur avendo lavorato per 41 anni. Dunque niente ricalcolo contributivo ma, in ogni caso, una forte penalizzazione. Il taglio non si applicherebbe, però, a coloro con un Isee fino a 35.000 euro. Per il momento non è ancora nulla di certo: si tratta solo di ipotesi sul tavolo del Governo.
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